Era il 1987 quando ho incontrato Ferdinando Schiavoni, un uomo che amava profondamente la fauna selvatica e la natura. Da quell’incontro è iniziato un viaggio speciale: insieme abbiamo iniziato ad addentrarci nel mondo degli ungulati selvatici, allestendo un allevamento di daini e mufloni nella sua tenuta.
Non è stato tutto rose e fiori, anzi. All’epoca, il mondo della fauna selvatica era un territorio poco esplorato e, diciamolo, spesso snobbato in ambito veterinario. Era considerato marginale, poco interessante, quasi una nicchia per appassionati. Eppure, per me, rappresentava un richiamo irresistibile.
Oggi le cose sono cambiate. Il ruolo del veterinario nella gestione della fauna selvatica è chiaro e riconosciuto, e si lavora fianco a fianco con biologi, naturalisti, ricercatori. Collaboriamo con i CRAS, CRASE, con chi ogni giorno si prende cura di animali che vivono ai margini, lontano dai riflettori ma non meno importanti.
È proprio in questo percorso che ho scoperto la telenarcosi. Un nome complicato per una pratica affascinante: l’arte di addormentare animali selvatici a distanza, con precisione e rispetto. Spinto da letture sui parchi africani e dall’esigenza di intervenire su animali diffidenti o feriti, mi sono avvicinato a questa disciplina con curiosità e poi con passione.
Oggi, grazie alla telenarcosi, posso aiutare animali che non si lasciano avvicinare facilmente, somministrare cure, spostarli in luoghi più sicuri. È una tecnica che richiede sensibilità, precisione e una profonda conoscenza degli animali e dell’ambiente in cui vivono. E ogni intervento è una piccola, grande sfida.
Con il tempo, questa pratica è diventata una parte importante della mia vita professionale. Credo con convinzione che la telenarcosi debba essere riconosciuta come una vera e propria specializzazione veterinaria, al pari delle altre. Perché dietro ogni dardo c’è studio, esperienza, dedizione. E una passione che non smette mai di crescere.
Oggi, in un contesto normativo sempre più attento all’uso di sostanze sedative e narcotiche, il ruolo del veterinario diventa ancora più centrale. Solo noi possiamo gestire questi farmaci in sicurezza e con competenza.
La cosa più bella? Vedere sempre più colleghi – giovani, meno giovani, curiosi, appassionati – avvicinarsi con entusiasmo a questo mondo. Perché sì, è un lavoro impegnativo… ma è anche pura emozione, ogni singola volta.